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venerdì 23 marzo 2018

157. Live Report 4: NADSAT



Dopo molto che questo servizio era andato nel dimenticatoio, eccoci a riproporre i live report dei duo chitarra-batteria grazie al contributo del nostro nuovo collaboratore Cesare Businaro.
Il duo in esame, i NADSAT; la serata live: all'Arci Area di Carugate (MI).
Cesare, da buon chitarrista, si è preso la briga di studiare la strumentazione di Michele Malaguti, il chitarrista dei Nadsat, e di presentarcela in tutti i suoi particolari tecnici, relazione utilissima per comprendere al meglio la resa stratosferica su palco di certi duo... A voi i trucchi del mestiere!


NADSAT
Live @ Area, Carugate (MI), 17.3.2018
(Guitar Rig + Live Report)
By Cesare Businaro

Ero molto curioso di vedere i Nadsat dal vivo. Per fortuna, la data di S.Patrizio all’Area di Carugate è stata annunciata giusto qualche settimana dopo aver scoperto il loro “Crudo” su Edp, un album che mi è piaciuto fin dal primo ascolto, non solo per la mia famigliarità con certo Noise, da fan degli Helmet, ma anche per la sua capacità di tenere alta e persino in sospeso la mia attenzione, di traccia in traccia. Mancava quindi la prova del 9, ovvero il live, per verificare quanto il duo sapesse riproporre, di ciò che ha registrato in studio.

Ho raggiunto l’Area con sufficiente anticipo da potermi presentare a Michele Malaguti e Alberto Balboni, rispettivamente chitarrista e batterista dei Nadsat e farci una piacevole chiacchierata e visto che Edp ha già trattato di tutto il resto e che, da chitarrista, ero molto interessato all’argomento, ho parlato in particolare con Michele del suo Guitar Rig, che mi ha gentilmente mostrato, accompagnandomi nel backstage. Scopro così che il segnale della sua chitarra viene suddiviso a monte, sfruttando le due uscite di un pedale Octave, collegato in pedaliera subito dopo un accordatore: da una prima uscita, il segnale, ribassato di un’ottava, si dirige quindi verso un amplificatore da basso, passando per un paio di distorsori. L’altra uscita del pedale Octave, immette invece il segnale puro, ossia non effettato, in un pedale analogo, che Michele utilizza per sovrapporci l’ottava più alta. Segue una serie di ulteriori distorsori, prima che il segnale, passando per un pedale Freeze e un riverbero, s’immetta in un amplificatore da chitarra. A valle di entrambe le catene, campeggiano infine dei riduttori di rumore, cosa che può far storcere il naso, pensando ai Nadsat come ad una band di genere Noise (anche sul listino del loro merchandising, noterò poco dopo lo slogan “Noise Matters”), ma che in realtà vengono sapientemente settati, per inserire con precisione chirurgica degli attimi di puro silenzio, all’interno di certe bordate distorte di Michele.

Tornando invece al pedale Freeze, posto che Michele non ricorre a pedali Looper, né tantomeno a basi preregistrate per stratificare il proprio suono, fa invece un efficace utilizzo di questo pedale, che ha la proprietà di prolungare all’infinito, quando premuto, singole note o interi accordi, ai quali Michele sovrappone così ulteriori linee di chitarra, in armonia o in dissonanza con le prime, durante la stessa esecuzione. Un’ultima specialità del suo Guitar Rig, è data infine dall’inserimento in pedaliera di un sintetizzatore, non un pedale quindi, tant’è che viene collegato a un ingresso e così ad un canale secondario dell’amplificatore da chitarra, passando per un pedale Delay: Michele li utilizza in combinazione fra loro per creare dei droni sonori, di transizione fra un pezzo e l’altro o fra diversi passaggi di uno stesso brano. In conclusione, un Guitar Rig non particolarmente complesso, ma con alcuni accorgimenti (pedale Freeze e sintetizzatore), che lo rendono (e lo fanno suonare), in maniera alquanto originale.

Esco quindi dal backstage, avendo ampiamente soddisfatto la mia curiosità riguardo al Guitar Rig di Michele, quand’ecco salire sul palco il primo gruppo della serata, i Baal, un altro duo, seppur di basso e batteria, con il bassista che si presta a fare pure il cantante. Eseguono, con un basso distortissimo e linee vocali tendenzialmente urlate, una manciata di pezzi, che definirei Punk, piuttosto che Noise, Black o Death, come invece si legge nella loro pagina su Bandcamp, prima di passare il testimone ai Nadsat. Questi ultimi, dopo un paio di minuti di puro Noise, tanto per chiarire fin da subito quale sia la principale pasta sonora della band, con una chitarra letteralmente puntata a rovescio sul pavimento, suppongo per aumentarne la vibrazione e così in feedback e saturazione crescente, mentre Michele, inginocchiatosi, alza il potenziometro di un distorsore, introducono il loro set, come preannunciatomi nel backstage, con un paio di pezzi nuovi, che a chi, come me, è arrivato preparato sul loro “Crudo”, lasciano presagire una certa evoluzione, all’insegna di una maggior complessità ritmica e quindi di una più spiccata propensione al Math, accompagnata per converso da un incupimento del loro sound, che si fa di conseguenza ancora più spesso, rumoroso e pressante, di quanto si possa ascoltare in “Crudo”.

Tenere il palco in due non è un’impresa semplice, ma la disposizione laterale, anziché frontale, della batteria di Alberto, ne mette in risalto una prestazione che definirei tentacolare, oltre che particolarmente energica (Alberto spezzerà una serie di bacchette, lungo tutto il set), mentre Michele è tanto carismatico, da sapersi avvicinare al pubblico come in segno di sfida, finché il cavo della sua chitarra glielo consente. In coda ad uno dei due pezzi nuovi, apprezzo particolarmente l’uso del pedale Freeze, di cui dicevo poc’anzi, che per qualche istante trasforma il duo, per così dire, in un’orchestra di due elementi.

Non saprei quanti, fra i presenti, già conoscessero i Nadsat (ho l’impressione che molti di loro siano frequentatori locali e abituali dell’Area, che è un circolo Arci), ma vedo sul viso dei più lo stupore di chi stenta a credere che quel sound travolgente e asfaltante, provenga solo da una chitarra e da una batteria. Si arriva quindi all’esecuzione del pezzo di apertura di “Crudo”, ovvero “Mesozoic”, che finalmente mi consente di constatare, sia la capacità dei Nadsat di suonare esattamente come su disco, sia l’abilità di chi ha curato, dalla regia, la registrazione dell’album, sapendo catturare l’essenza live della band, nella sua crudezza (a cui forse allude lo stesso titolo dell’opera). Nel complesso, suonano certamente più energici e la pressione dei volumi rende forse meno distinguibile quella dose di melodia, che comunque non manca a “Crudo”, pur trattandosi di un album votato al Noise, ma ne guadagna certamente l’impatto generale, facendo del duo un vero e proprio schiacciasassi. Da “Mesozoic”, si passa a un altro estratto di “Crudo”, “Novus”, con quell’incedere ritmico un po’ Stoner, alternato per buona parte del pezzo a una sorta di ritornello (se mi si passa il termine, in mancanza di un cantante), che è forse il momento più coinvolgente del set dei Nadsat (vedo, a quel punto, battere piedi e scuotere teste); il tutto, prima di deviare bruscamente in territorio Math e Jazzcore, mettendo nuovamente in risalto il livello tecnico del duo, con sequenze ritmiche sempre più complesse e mitragliate Noise enfatizzate dal doppio pedale di Alberto, il quale riprende fiato solo sulle battute finali, quando “Novus” si conclude con alcuni colpi isolati (per non dire mazzate), ben serrati sul rullante e in perfetta sincronia con massicci e dissonanti powerchord, precisamente stoppati da Michele fino al colpo di grazia, quello più fragoroso. Dopo questa mazzata finale, in un silenzio che si fa più intenso per la soglia di decibel appena sforata con “Novus”, il duo si concede un attimo di pausa e prende quindi la parola Alberto, senza alcun microfono, giusto per presentare la band e i quattro pezzi appena eseguiti, ricordando l’uscita di “Crudo” quasi un anno fa, nonché per introdurre, a seguire, un altro pezzo nuovo, sul quale posso semplicemente confermare quanto detto sopra in merito allo stile dei primi due. A quel punto, dal mixer, viene purtroppo segnalato ai Nadsat, che c’è tempo solamente per un altro pezzo, prima di dover lasciare il palco agli Psicotaxi, ultimo gruppo della serata e così Michele annuncia “Dolomite”, traccia conclusiva di “Crudo”, sacrificando “Droid” (come scoprirò poco dopo, facendomi mostrare la scaletta originaria da Alberto). L’esecuzione è nuovamente impeccabile e il brano, votato al Math e al Jazzcore, come la seconda parte di “Novus”, non lascia quasi respirare, per l’estrema velocità delle sue complesse trame ritmiche, soprattutto nel crescendo a metà del pezzo, che nonostante il taglio di scaletta, serve quindi sul piatto un finale di concerto semplicemente esplosivo.

I Nadsat si fanno quindi da parte, ringraziando il pubblico e dopo aver salutato Michele e Alberto, non potrò fermarmi per gli Psicotaxi, ma immagino che non sia stato facile, per loro, impegnare il palco, dopo una performance così carica e devastante. Esco dunque dall’Area pienamente soddisfatto e con il ritmo di “Novus” ancora in testa, sperando di poter rivedere al più presto i Nadsat, magari da headliner o comunque in un contesto che gli conceda spazio per un set più lungo e con almeno qualche estratto in più dall’ottimo “Crudo”, di cui mi porto a casa una copia su CD, assieme al loro EP d’esordio.


Live Report ad opera di Cesare Businaro for Edp

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